“Quartetto Blues” (tragicommedia di Andrea Jeva) Personaggi: - SIGNOR “A” (ventenne). - SIGNOR “B” (quarantenne). - SIGNOR “C” (sessantenne). - SIGNOR “D” (ottantenne. Non è mai in scena). Scena: indefinita, immersa nella penombra. I diritti d'autore di "Quartetto Blues" sono protetti e tutelati dalla Soc. S.I.A.E. (Societa' Italiana degli Autori ed Editori). Le rappresentazioni e pubblicazioni sono soggette a royalty. Ogni richiesta relativa ai diritti d'autore, dovra' essere indirizzata a: S.I.A.E. / Sezione D.O.R. / Viale della Letteratura, 30 / 00144 Roma - Italy - L'autore richiede di essere informato per ogni produzione del presente lavoro - L'autore puo' essere contattato con e-mail infogatto@andrea-jeva.it (N.B. togliere il nome dell'animale dall'indirizzo) - sito Web: http://www.andrea-jeva.it/ oppure indirizzare per posta ordinaria ad Andrea Quacquarelli, Via Pinturicchio 1, 06122 Perugia, Italy – Telefono +39/075/5732798 (nel buio totale, sentiamo il SIGNOR “A” e il SIGNOR “B” fare il gioco delle “belle statuine”: - il SIGNOR “B” sta girato di spalle per alcuni secondi, mentre il SIGNOR “A”, dopo aver fatto veloce- mente qualche passo a caso nello spazio e comunque cercando di av- vicinarsi al SIGNOR “B”, trova una posizione da statua -. Ogni tanto sentiamo il SIGNOR “B” dire contento: - INDIETRO! – e sen- tiamo i passi del SIGNOR “A” tornarsene indietro. Affiora lenta- mente la luce in penombra. Quando il SIGNOR “B” si gira di scatto, il SIGNOR “A” si blocca immobile. Dopo un paio di sequenze del gioco, il SIGNOR “B” “sorprende” il SIGNOR “A” in movimento e lo fa allontanare da lui dicendo: - INDIETRO! -. N.B. QUESTO GIOCO, COME ALTRI IN SEGUITO, POTREBBE AVERE UN QUALCOSA DI FASULLO COME SE FOSSE STATO APPRESO MALE E MODIFICATO QUINDI IMPERCETTIBILMENTE, MA TANTO DA FARGLI PERDERE IL SENSO ORIGINARIO) SIGNOR “A” – (tornando indietro, al SIGNOR “B”) Mi scusi, quanto tempo sarà passato adesso? SIGNOR “B” – Sshht! (bambinesco quasi isterico) La smetta di fare domande, dobbiamo giocare! SIGNOR “A” – (al SIGNOR “B”) Ma, scusi, lei dice che i Neutrini possono raggiungerci anche qua? SIGNOR “B” – I Neutrini possono raggiungerci ovunque. E’ pronto per giocare? SIGNOR “A” – E quindi possono contaminarci anche qua sotto? SIGNOR “B” – (forzatamente calmo) Noi siamo comunque contaminati. Qua sotto o altrove. E anche senza Neutrini. Lo vuole capire una volta per tutte? SIGNOR “A” – Giusto. SIGNOR “B” – E’ pronto? (Girandosi inizia una cantilena) …”Le bel- le statuine che van di qua e di là”. (Si volta di scatto per sorprendere il SIGNOR “A” che non si è mosso) …Beh? SIGNOR “A” – (sciogliendosi dal gioco) Senta, non ho più voglia di giocare, è che preferisco tormentarmi, ecco. (Breve pausa) A che tormento vuole che ci moriamo oggi? SIGNOR “B” – Lei a che tormento vuole morirsi? SIGNOR “A” – Non so esattamente… (Sorride). SIGNOR “B” – (quasi meravigliato, con disprezzo) Si sta diverten- do? SIGNOR “A” – Abbastanza. Ma non col gioco. (Sorride). SIGNOR “B” – Silenzio! …Il gioco è l’unica possibilità che abbiamo per liberarci del tempo! SIGNOR “A” – L’altra volta ha detto: “…Dimenticarci del tempo”… SIGNOR “B” – Perché: “Dimenticarsi del tempo” non è “Liberarsi del tempo”? SIGNOR “A” – Sì però… “Liberarsi” può essere per sempre, “Dimenticare” è solo per attimi. SIGNOR “B” – E allora? Non la spaventa questa nostra continua si- tuazione “estremamente pericolosa”? SIGNOR “A” – Sì, però… SIGNOR “B” – (interrompendolo) Voglio dire, non la spaventa tro- varsi “ininterrottamente” e sempre contro la sua volontà in una situazione così “estremamente pericolosa”? SIGNOR “A” – Sì, però lei dimentica che io so far “finta di nien- te” come tutti gli altri. Oppure so non accorgermene affatto. Come tutti gli altri. Ecco perché preferisco tormentarmi piut- tosto che giocare: preferisco fare il doppio gioco, capisce? SIGNOR “B” – Già, in fondo non c’è altra scelta. “Essere ipocrita come tutti gli altri”. (Pausa) C’è un’altra scelta? SIGNOR “A” – No. SIGNOR “B” – Mi dica, lei ha un’altra scelta? SIGNOR “A” – No. Gliel’ho detto. SIGNOR “B” – Bene. (Pausa. Poi quasi minaccioso). Giochiamo. Di- mentichiamo almeno alcuni “attimi” della nostra situazione. D’accordo? SIGNOR “A” – (breve pausa) Mi scusi, e i Tachioni? …Possono rag- giungerci anche loro qua? SIGNOR “B” – (innervosito, ma logico) Se ci possono raggiungere i Neutrini, che sono molto più lenti, a maggior ragione… SIGNOR “A” - …Ci possono raggiungere i Tachioni che sono molto più veloci. Infatti. Non c’è scelta. SIGNOR “B” – No. SIGNOR “A” – Lei ce l’avrebbe un’altra scelta? SIGNOR “B” – Oltre al gioco no. SIGNOR “A” – Bene. SIGNOR “B” – Giochiamo. SIGNOR “A” – (riprendendo controvoglia il gioco, tornando alla sua posizione di partenza) Ma, scusi, lei dice che il tempo, qua sotto, passa davvero più lentamente? SIGNOR “B” – La vuole finire! (Si gira di spalle e riinizia la cantilena) “Le belle statuine che van di qua e di là”. (Si vol- ta di scatto per sorprendere il SIGNOR “A” che non si è mosso) …Beh? SIGNOR “A” – Mi scusi ancora. I suoni però non si sono più senti- ti, sente che silenzio? (Pausa. Sentono il silenzio) …Quindi, forse, qua sotto, (contento) i suoni non ci raggiungono più. SIGNOR “B” – (facendogli il verso, con disprezzo) “Quindi, forse qua sotto… Non ci raggiungono più”. (Pausa). Lei, mi dica, lei, per esempio, riesce a respirare? SIGNOR “A” – (prova a respirare) Sì. SIGNOR “B” – Quindi l’aria ci raggiunge? SIGNOR “A” – …Sì. SIGNOR “B” – Voglio dire, ci raggiunge anche qua sotto? SIGNOR “A” – (riprovando a respirare, accondiscendendo) se posso respirare. SIGNOR “B” – E quindi? SIGNOR “A” – (come una lezione imparata a memoria) …E quindi, mal- grado tutto, se l’aria ci raggiunge, siamo comunque raggiungi- bili, siamo comunque contaminabili. Infatti sia con o senza suoni, sia con o senza Tachioni, siamo contaminati comunque, come diceva lei prima. SIGNOR “B” – (pausa) Sì ma in questo caso non “contaminati”, in questo caso è peggio, “toccati”! Siamo comunque “toccati”! SIGNOR “A” - Giusto. (Breve pausa) Perché “Peggio”? SIGNOR “B” –…Perché dovrebbe essere meno grave essere “toccati” anziché essere “contaminati”, giusto? SIGNOR “A” – Giusto. SIGNOR “B” – E invece è gravissimo, non grave, “gravissimo”. SIGNOR “A” – Infatti …Perché? SIGNOR “B” – Perché non c’è sollievo! Ci capita una cosa meno gra- ve, e comunque non c’è sollievo. Lei sente del sollievo per ca- so? SIGNOR “A” – No. SIGNOR “B” – Quindi è peggio. SIGNOR “A” – Giustissimo. SIGNOR “B” - Giochiamo. (Riprendono il gioco in silenzio. Dopo alcune sequenze del gioco, il SIGNOR “B” “sorprende” il SIGNOR “A” in movimento e lo fa al- lontanare da lui dicendo: - INDIETRO! -.) SIGNOR “A” – (tornado indietro) Quanto tempo è passato adesso? SIGNOR “B” – La finisca di chiedere sul tempo. Siamo comunque spacciati, giusto? SIGNOR “A” – (poco convinto) Sì. SIGNOR “B” – Bene. SIGNOR “A” – (Poco convinto) Bene. SIGNOR “B” – (dandolo per scontato) Non è convinto. SIGNOR “A” – Non abbastanza. SIGNOR “B” – (Breve pausa). E’ d’accordo che in ogni testa d’uomo, quindi anche nelle nostre, c’è una catastrofe umana paragonabi- le solo a quella particolare testa? SIGNOR “A” – D’accordo. SIGNOR “B” – Bene. E’ d’accordo che non serve aprire le teste per rendersi conto che dentro non c’è altro che una catastrofe uma- na? SIGNOR “A” – Piuttosto d’accordo. SIGNOR “B” – …E che senza la sua personale catastrofe, l’uomo, quindi anche noi, non può esistere assolutamente. SIGNOR “A” – D’accordissimo. SIGNOR “B” – (arrabbiato) E allora! Perché non vuole giocare! SIGNOR “A” – Non lo so… SIGNOR “B” – Bene! …L’uomo, quindi anche noi, ama la sua personale catastrofe, giusto? E se per un attimo non se la ritrova, cosa fa? SIGNOR “A” – Non lo so… SIGNOR “B” – (arrabbiato) Fa di tutto per ritrovarcisi dentro… Al- la catastrofe. SIGNOR “A” – D’accordo. SIGNOR “B” – Bene. Ha dimenticato che quando guardiamo in faccia la gente, quindi anche noi, vediamo che si trova o immersa nel- la propria personale sciagura o è alla ricerca della propria personale catastrofe? SIGNOR “A” – Non l’ho dimenticato. SIGNOR “B” – E Quindi? SIGNOR “A” – E quindi… (Con un gesto di stizza) L’ho dimenticato. SIGNOR “B” – (arrabbiato) Siamo comunque spacciati! Con o senza tempo! Con o senza Tachioni! Con o senza Neutrini! SIGNOR “A” – Infatti. SIGNOR “B” – Bene. Giochiamo. E’ pronto? SIGNOR “A” – Aspetti, aspetti, vorrei essere un po’ più sicuro: continui per favore. SIGNOR “B” – (breve pausa) Continuo cosa. SIGNOR “A” – (sbrigativo, come rievocando una poesia) “Quando guardo in faccia la gente”… SIGNOR “B” – (epico) …Quando guardo in faccia la gente, quindi an- che noi, vedo che la gente è infelice. Siamo tutte persone che portano in giro la propria catastrofe e così il mondo si tra- sforma in una commedia, che naturalmente fa ridere. SIGNOR “A” – Naturalmente. (Sorride. Poi come rievocando una poe- sia) “E godono”… SIGNOR “B” – (epico) E godono della malattia che li porta alla tomba. SIGNOR “A” – Bellissimo. Ancora… SIGNOR “B” – (epico) …Non importa se la scena è situata nelle vi- scere della terra, come la nostra, o in un altro luogo. Dovun- que cerchiamo, vediamo soltanto dei moribondi. Gli uomini, quindi anche noi, non sono altro che una mostruosa comunità di morituri moribondi, formata da miliardi di persone sparse nei palcoscenici dei cinque continenti, sparse nei palcoscenici dell’intero pianeta. SIGNOR “A” – (entusiasta) Una grande commedia! (Breve pausa) Con- tinui… SIGNOR “B” – (nervoso) Ancora! SIGNOR “A” – Ancora. (Come rievocando una poesia) “Ogni uomo”… SIGNOR “B” – (epico) …Ogni uomo che vedo e di cui sentiamo dire qualcosa, quindi anche noi… SIGNOR “A” – Quindi anche noi. SIGNOR “B” – (epico) Ci dimostra l’assoluta inconsapevolezza dell’intera umanità, e che lei, l’intera umanità… SIGNOR “A” - il SIGNOR “B” – (insieme) E quindi anche noi. SIGNOR “B” – (epico) E anche la natura tutta… SIGNOR “A” - …E anche la natura tutta. SIGNOR “B” - Sono una truffa! SIGNOR “A” – (ripetendo con enfasi) “Sono una truffa”! SIGNOR “B” – Anzi, più che una truffa! SIGNOR “A” - Una grande commedia! SIGNOR “B” – Più che una commedia! SIGNOR “A” - Una farsa! SIGNOR “B” – (riempendosi la bocca della parola che segue) Una co- sa Grottesca! SIGNOR “A” - (riempendosi la bocca della parola che segue) Una co- sa Allucinante! SIGNOR “B” – (breve pausa) Bene. SIGNOR “A” – Bene. SIGNOR “B” – Giochiamo. SIGNOR “A” – Giochiamo. (SIGNOR “B” si gira di spalle. Il SIGNOR “A” raggiunge la sua po- sizione di partenza) SIGNOR “A” – (Facendosi bambino) Oh Regina Reginella quanti passi devo fare per arrivare al suo castello? SIGNOR “B” – (girandosi vero il SIGNOR “A”, come un rimprovero) Beh? SIGNOR “A” – (schernendolo) …Si può cambiare gioco sì o no? SIGNOR “B” – (pausa. Poi fra i denti) Naturalmente sì. SIGNOR “A” – (come un comando) E allora si giri. (il SIGNOR “B” si gira di spalle) SIGNOR “A” – (Facendosi bambino) Oh Regina Reginella quanti passi devo fare per arrivare al suo castello? SIGNOR “B” – (di spalle, nervoso, facendosi a sua volta bambino) Tre da cavallo. (il SIGNOR “A” fa tre ampi passi velocemente e poi si immobilizza. Il SIGNOR “B” si gira di scatto e lo vede immobile. Poi si rigira) SIGNOR “A” - Oh Regina Reginella quanti passi devo fare per arri- vare al suo castello? SIGNOR “B” – (di spalle) Due da gallina. (il SIGNOR “A” fa due passi velocemente arrivando a ridosso del SIGNOR “B”, poi si immobilizza. Il SIGNOR “B” si gira di scatto e lo vede immobile. Poi si rigira) SIGNOR “A” - Oh Regina Reginella quanti passi devo fare per arri- vare al suo castello? SIGNOR “B” – (di spalle) Dieci da backspace! (Ride fra sé con grande divertimento). (il SIGNOR “A” rimane fermo allo stesso posto. Il SIGNOR “B” si gira di scatto per cogliere in movimento del SIGNOR “A”) SIGNOR “B” – (vedendolo allo stesso posto, con rimprovero) Beh? SIGNOR “A” – Non mi va più giocare, gliel’ho detto …E’ che prefe- risco tormentarmi. E’ difficile dimenticarsi della propria per- sonale catastrofe. Tenendo conto poi, come diceva lei prima, che comunque siamo spacciati. In questa situazione preferisco tormentarmi, glielo assicuro. SIGNOR “B” – Bene. (Forzatamente calmo) A che tormento vuole mo- rirsi? SIGNOR “A” – Gliel’ho detto, non lo so esattamente… (Sorride). SIGNOR “B” – (nervoso) “Non lo so esattamente” è già un tormento. E come vede senza sollievo. SIGNOR “A” – Infatti. SIGNOR “B” – Quindi è impossibile illudersi più di tanto, prima o poi bisogna giocare, o togliersi la vita di colpo. SIGNOR “A” – (disarmato) Infatti. SIGNOR “B” – E allora perché non le va di morire! Visto che non le va di giocare? SIGNOR “A” – Non lo so… SIGNOR “B” – (riprendendo la calma) Mi scusi, lei ha acconsentito a sprofondare qui nelle viscere della terra per raggiungere il nostro reale obiettivo. Sì o no? SIGNOR “A” - …Perché lei mi ha promesso che qua sotto il tempo è più lento. SIGNOR “B” – (arrabbiato) Non sono io che prometto, è la forza di gravità che agisce! SIGNOR “A” – Sì ma, mi perdoni, io non me ne accorgo. Il tempo è sempre lo stesso. Anche qua sotto mi sembra uguale. SIGNOR “B” – Ecco il punto, le “sembra” ma non è uguale! SIGNOR “A” – Ho capito. Diciamo allora che questi tipi di tormenti non mi fanno raggiungere il nostro reale obiettivo: non mi fan- no morire né con dolcezza né con sollievo, d’accordo? In verità a me piace il passaggio da un tormento all’altro. Ecco, mi pia- ce il passaggio, non il tormento. Con una serie fortunata di passaggi tormentosi forse riuscirei a morire come vogliamo: tranquillamente (Sognante) …Ecco, per esempio viaggiare! Ho sempre sognato di tormentarmi a fondo con un viaggio a lungo desiderato. SIGNOR “B” – E perché è voluto sprofondare qua sotto terra allora? SIGNOR “A” – Ma che importa adesso, ascolti… (Sognante, assaporan- do le parole) Fare un viaggio a lungo desiderato, anzi, “un viaggio impossibile”. Non è un tormento grandioso nella sua semplicità? E allo stesso tempo un’evasione, come dire, dai tormenti maggiori? SIGNOR “B” – Per esempio? SIGNOR “A” – (sognante) Andare sui mari del sud. SIGNOR “B” – Cioè all’aperto? SIGNOR “A” – Giusto. All’aperto. SIGNOR “B” - E come la mettiamo con il mondo? SIGNOR “A” – (non capendo) Scusi? SIGNOR “B” – Col mondo, come la mettiamo? …Almeno qua sotto, la nausea ci raggiunge solo con particelle subatomiche, poca cosa, da cui non si sfugge comunque è vero, ma da cui, con arguzia e sensibilità, si riesce per attimi a liberarsene. Mentre là so- pra, fuori, all’aria aperta, a contatto con il cielo, la nausea subito avvolge, sopprime, contagia. Ha dimenticato il sesso? La fame? I rumori? I talk-show? Il cinema? Le guerre? E la politi- ca soprattutto? E i quotidiani? La corruzione? I sondaggi? E il teatro? La pittura, soprattutto la pittura? SIGNOR “A” – E la musica? SIGNOR “B” – …La musica, soprattutto la musica? SIGNOR “A” – No, non l’ho dimenticato. SIGNOR “B” – E quindi? SIGNOR “A” – (come una lezione imparata a memoria) E quindi biso- gna sottrarsi alla spazzatura del mondo, sparire alla sua vi- sta, o comunque opporsi con tutti i mezzi… SIGNOR “B” – Bene. SIGNOR “A” – Bene. Però anche così, come dice lei, siamo comunque spacciati. SIGNOR “B” – E’ naturale. Ma almeno, visto che lei si ostina a vi- vere, (come una macchinazione) ci sembra di opporci, ci sembra di agire, ci sembra di essere comunque in azione e non rotelle meccaniche, e non carne al macello “passiva”. SIGNOR “A” – Sì ma il punto, come diceva lei prima, è che non “è”, ci “sembra” soltanto. Quindi tantovale tornarsene… SIGNOR “B” – Silenzio! (Pausa. Tende l’orecchio). Ha sentito bus- sare? SIGNOR “A” – No. (si sente bussare) SIGNOR “B” – Sshht. Ha sentito bussare adesso? SIGNOR “A” – Sì. SIGNOR “B” – (ad alta voce) Chi ha messo una porta? SIGNOR “A” – (ad alta voce) Infatti: chi ha messo una porta? SIGNOR “B” – Io no. SIGNOR “A” – Io neanche. (si sente bussare) SIGNOR “B” – (quasi sorpreso da se stesso) Avanti! (si sente del rumore come portato dal vento: musichette cretine, voci di programmi televisivi spazzatura, rumori di spari, ecc. En- tra il SIGNOR “C” con un sacco enorme di tela iuta pieno zeppo, facendosi luce con una torcia elettrica. I suoni poi, a mano a ma- no si attenueranno fino al silenzio) SIGNOR “B” – (freddo, con le mani sulle tempia) Come vede i suoni ci raggiungono sempre. SIGNOR “A” – Sì. SIGNOR “B” – E quindi? SIGNOR “A” – E quindi ci viene il voltastomaco. (conati di vomito di entrambi). SIGNOR “C” – (entrando) Buongiorno ragazzi. SIGNOR “B” – (provocatorio) Io non sono più un ragazzo. SIGNOR “C” – (non accettando la provocazione) Ecco le provviste (appoggia il sacco per terra). Scusatemi se l’anno scorso non sono riuscito a venire, ho avuto dei problemi. SIGNOR “A” – (riprendendosi) L’anno scorso? Ma quanto tempo è pas- sato? (Conati di vomito). SIGNOR “B” – La smetta di chiedere sul tempo! (Conati di vomito). SIGNOR “A” – No, no. Questa domanda, adesso m’interessa partico- larmente… (al SIGNOR “C”) Quindi, se l’anno scorso lei non è venuto, vuol dire che sono passati due anni dall’ultima volta? SIGNOR “C” – Due anni da quando sono venuto l’ultima volta sì, perché? SIGNOR “A” – (meravigliato) Due anni! Ma se l’altro ieri… SIGNOR “B” – (interrompendolo, innervosito, riferendosi al SIGNOR “C”) Silenzio! Due anni del suo tempo, due giorni del nostro, capisce? SIGNOR “A” – No. SIGNOR “B” – Appunto. SIGNOR “A” – Ma dove siamo esattamente? SIGNOR “C” – In una miniera. SIGNOR “B” – Un’ex miniera. SIGNOR “A” – (come dandosi una risposta ad una domanda precedente) Ecco perché non si vedono le stelle! SIGNOR “B” – Silenzio. Miniera o non miniera, le stelle sotto ter- ra non si vedono comunque. SIGNOR “A” – Giusto. SIGNOR “C” – (indicando il sacco) …Vi ho portato anche della cioc- colata questa volta. SIGNOR “A” – La cioccolata! (Accorre verso il sacco, prende una tavoletta di cioccolato). Che buona! (Inizia a mangiarla avida- mente, ne offre anche al SIGNOR “B” che l’accetta). SIGNOR “C” - …Non ce n’è molta purtroppo, come vi dicevo ho avuto dei problemi, non ho potuto portarne di più. SIGNOR “B” – (al SIGNOR “C”) Che tipo di problemi? SIGNOR “C” - …Ho dovuto divorziare. SIGNOR “A” – (felice) Finalmente è riuscito a divorziare, compli- menti! Io non ci sarei riuscito. SIGNOR “B” – (al SIGNOR “A”, masticando la cioccolata) Complimenti un corno, c’ha messo quarant’anni! SIGNOR “A” – (al SIGNOR “C”) E cosa farà adesso, vivrà da solo? SIGNOR “C” – Beh, in un certo senso ho sempre vissuto da solo. SIGNOR “A” – Giusto. SIGNOR “C” – Come voi due, tutto sommato… (Con un sorriso di com- plicità) Ci conosciamo, vero? SIGNOR “A” – Giusto. (Cogliendo la complicità, sorridendo a sua volta) Ci conosciamo tutto sommato… SIGNOR “C” – Adesso però dovrei andare. (Fa per andare. Si sentono di nuovo i suoni spazzatura, che poi, a mano a mano si attenue- ranno fino al silenzio). SIGNOR “B” – Lei si fermi! (il SIGNOR “C” si ferma. I suoni si at- tenuano). Non c’è fretta. Aspetti. Ecco, sente? Se perde un po- chino il contatto con là fuori, anche la spazzatura si attenua. (al SIGNOR “A”) Scusi, lei. SIGNOR “A” – Chi, io? SIGNOR “B” – Sì, lei. C’è fretta? SIGNOR “A” – No. (al SIGNOR “C”) Non c’è mai fretta di riunirsi con la propria catastrofe. (Sorride). SIGNOR “B” – Bene. E quindi? SIGNOR “A” – (al SIGNOR “C”) E quindi rimanga, parliamo. SIGNOR “B” – “Macché parliamo”. (al SIGNOR “C”) Quindi giochiamo. Vuole giocare con noi? (Innervosito fra sé, riferendosi ai suo- ni che ogni tanto si risentono) Senti che roba. (Al SIGNOR “C”) Ma perché se ne vuole andare subito? …Rimanga un po’ con noi, no? (Riferendosi ai suoni, a se stesso) Senti che schifo! SIGNOR “C” – (riferendosi ai suoni) Se è per questo anche a me danno fastidio questi suoni. SIGNOR “B” – (correggendolo) Questi rumori! SIGNOR “A” – Infatti: rumori orribili! SIGNOR “C” – Sì, ma basta farci l’abitudine. SIGNOR “A” – (al SIGNOR “B”) Infatti. SIGNOR “B” – “Infatti cosa”! (Pausa) L’umano è terribile proprio per questo. L’umano cade sempre più in basso e non fa niente per riprendersi e non fa niente per risollevarsi. Sente cadersi nell’abisso più profondo e non si aspetta di farsi afferrare. Pensa di aver raggiunto l’abisso più profondo ma sprofonda an- cora più in basso fino a che l’abisso più profondo diventa vo- ragine e la voragine diventa l’abisso dell’abisso dell’abisso più profondo. E così all’infinito. Ecco come l’umano, quindi anche noi, si abitua a tutto. Ecco dove voi due siete terrifi- canti. SIGNOR “C” – (al SIGNOR “A”, ironico) Un giudizio raccapricciante, non trova? (Ride). SIGNOR “A” – (complice) Giusto! Un giudizio raccapricciante e quindi ottimo! (Ride). SIGNOR “B” – So che siete spiritosi, ma non è il momento. Da un sacco di tempo non è più il momento per essere spiritosi. Si dà il caso che c’è una persona, una sola al mondo che possa giudi- care proprio voi due, ricordatevelo. Una sola. E quella persona sono io. Non volete approfittarne? SIGNOR “C” – Io no, grazie. SIGNOR “B” – (al SIGNOR “A”) E lei? SIGNOR “A” – Chi io? SIGNOR “B” – (quasi con disprezzo) Sì, lei. SIGNOR “A” – Approfittarne? E di cosa? (Sghignazza. Poi serio) Io non permetterò a nessuno di giudicarmi, non l’ha capito? SIGNOR “B” – Beh, mi dispiace, io posso farlo. SIGNOR “A” – E come? La sola persona al mondo che possa giudicarmi veramente sono io, io solo. SIGNOR “B” – E infatti, io sono lei. SIGNOR “C” – (al SIGNOR “B”) Lo lasci stare… SIGNOR “A” – (al SIGNOR “B”) …E se anche fosse? Io non mi permet- terò mai di giudicarmi: mai! SIGNOR “B” – Io sono lei, e lei lo sa. E io da tempo invece la sto giudicando. Voglio che lei mi renda conto di quello che sono diventato, e se non avrà ragioni soddisfacenti, lo sappia una volta per tutte: io la distruggerò. SIGNOR “C” – (con astio al SIGNOR “B”) Scusi lei. SIGNOR “B” – (sorpreso) Io? SIGNOR “C” – Sì lei, mi dica: servirebbe a qualcosa distruggere la propria giovinezza? SIGNOR “B” – (al SIGNOR “C”) E’ servito a lei, non farlo? Lo vede come sono ridotto? Questo è quello che sono diventato, grazie alla sua docilità, alla sua tolleranza. SIGNOR “C” – Beh, la tolleranza è intelligenza, non trova? SIGNOR “B” – Cos’è, lo slogan finale dell’ultimo talk-show che ha seguito? SIGNOR “C” – Io non seguo i talk-show e lei lo sa. SIGNOR “B” – Lei è perfettamente addomesticato invece, e non se ne rende neanche conto! SIGNOR “A” – (al SIGNOR “B”) Scusi lei. SIGNOR “B” – (al SIGNOR “A”, con astio) Sìì… SIGNOR “A” – (prendendo coraggio. Al SIGNOR “B”) Io non vedo nei suoi occhi i miei occhi. Guardi, guardi la mia pelle (gliela mostra) …E la sua: la direbbe la stessa? Come può giudicarmi? Non vede che sono diverso? Completamente diverso da lei? SIGNOR “B” – Eccola la dannazione! Sentirsi diverso da tutto, per- sino da se stesso, non ne ha il diritto. SIGNOR “C” – (al SIGNOR “B”) Gli lasci la sua diversità. Non lo u- mìli, è l’unica cosa che ha. Lui ha bisogno di sentirsi diver- so. Non se lo ricorda? SIGNOR “B” – Io non voglio ricordare un bel niente! Io voglio in- vece che lui mi renda conto anche di questo bisogno stravagante di diversità: voglio sapere perché! SIGNOR “C” – Lei non può più sapere i suoi perché. Come io non ri- esco più a capire i suoi. SIGNOR “A” – Giusto (ingenuamente al SIGNOR “B”) …La mia voglia di allegria per esempio. Un ragazzo come me non deve forse diver- tirsi? Raccontarsi bugie e vivere di spensieratezza? SIGNOR “B” – (contro se stesso) Sì, naturalmente… SIGNOR “A” – (cattivo) E quindi? Lo dico io questa volta a lei: e quindi? (Addenta la cioccolata). SIGNOR “B” – (al SIGNOR “A”) Si lasci guardare… (Scrutandolo con attenzione mentre mangia la cioccolata) Non è possibile. Io… Ero così? …Vent’anni ancora e lei sarà me. Vent’anni ancora e io… (Riferendosi al SIGNOR “C”) Sarò lui: (sorridendo legger- mente) le porterò io la cioccolata… E poi, ancora vent’anni e sarà la fine. Tutto accade di vent’anni in vent’anni. (A tutt’e due) Quattro volte vent’anni e tutto ci accadrà. In fondo non c’è nessun’altra scelta. “Abituarsi a tutto e diventare terri- ficanti, come voi due”. C’è un’altra scelta? (Breve pausa. Poi al SIGNOR “A”) Lei… SIGNOR “A” – (con la bocca piena di cioccolata) Chi io? SIGNOR “B” – Sì lei, risponda, c’è un’altra scelta? SIGNOR “A” - (con la bocca piena di cioccolato) No. SIGNOR “B” – E invece sì: (con dolcezza) il suicidio! /.../ N.B. IL TESTO DISPONIBILE IN RETE COMPRENDE SOLO L'INIZIO E IL FINALE. SI RIPRENDE ADESSO CON LE BATTUTE FINALI. PER OTTENERE IL COPIONE COMPLETO, CONTATTARE DIRETTAMENTE L'AUTORE: infogatto@andrea-jeva.it (N.B. togliere il nome dell'animale dall'indirizzo) /.../ SIGNOR “C” – …Gli anni ci rendono anzi ancora più deboli. Perché si finisce per pensare che la vita sia la nostra naturale nemi- ca. E cercare una qualsiasi arma, come fa lei SIGNOR “B”, per difendersi dalla vita… SIGNOR “B” – (interrompendolo) Io non mi difendo da un bel niente, io aggredisco! E non mi chiami SIGNOR “B”! SIGNOR “C” – Lei sta commettendo la peggiore delle imbecillità. Molto peggiore di quelle che sfoggiano là sopra. Ecco cosa le rimprovero io. Se esiste una saggezza è essere vivi e morti al- lo stesso tempo. Oltre una qualunque visione positiva o negati- va del mondo. Per afferrare questa condizione dello stato d’animo è indispensabile quando si è giovani, dimenticare di esserlo, quando si è vecchi, dimenticare tutto, anche di essere stati giovani. E vivere finché si è vivi ogni singolo secondo. E morire se si deve morire senza tante vistose o spettacolari aspettative … (Si accascia a terra morto). SIGNOR “A” – (dopo poco, al SIGNOR “B”) Ma… E’ morto? SIGNOR “B” – Come morto? (Gli si avvicina sentendo il battito del cuore del SIGNOR “C”) Ma… E’ morto. SIGNOR “A” – Infatti. SIGNOR “B” – Ma come, non si è neanche suicidato. SIGNOR “A” – No. SIGNOR “B” – Lo immaginavo! Ha persino tradito il nostro destino suicida. Ha avuto perfino la debolezza di morire così… Di morte naturale, che schifo! Secondo me ha rivolto anche un pensiero a Dio, tipico della sua età. Rinnegato traditore! …Dove lo sep- pelliamo adesso? SIGNOR “A” – Scusi, non mi è sembrato un tradimento, anzi, è morto tranquillamente, come vogliamo fare noi… SIGNOR “B” – Silenzio! Lei vuole morire tranquillamente, non io! (Riferendosi al SIGNOR “C”) Il suo è stato un tradimento inve- ce, bello e buono, che ricadrà tutto su di noi, anzi, su di lei, soprattutto. Soprattutto su di lei, visto che è il più giovane di noi. Se lo ricordi. SIGNOR “A” – Se questo è un tradimento, allora tutti siamo obbli- gati a tradire il nostro destino, per sopravvivere… SIGNOR “B” – Sopravvivere cosa se è morto! SIGNOR “A” – Lui sì, ma io sopravviverò e forse anche lei soprav- viverà… Grazie a lui. SIGNOR “B” – Silenzio! Io non ho nessuna intenzione di sopravvive- re. SIGNOR “A” – Mi scusi, ma lei sta già sopravvivendo… SIGNOR “B” – Silenzio ho detto! (Breve pausa) …Come sarebbe, io sto già sopravvivendo? SIGNOR “A” – Non ha suggerito lei di sprofondare qua sotto dove il tempo è più lento? Lei dovrebbe già essere il SIGNOR “C” giu- sto? E invece… SIGNOR “B” – Io sono qua per convincere lei, per salvare lei. Con la scusa del tempo più lento io la sto sottraendo all’atrocità di una vita umiliante nella società cosiddetta emancipata rin- cretinita. SIGNOR “A” – Sa una cosa? Lei è il più ignobile di tutti noi. Lei sta servendo la società là sopra acconsentendo comunque a que- sta farsa dell’esperimento generazionale: tipica imbecillità occidentale. SIGNOR “B” – Non è la mia volontà! Le devo spiegare anche questo? SIGNOR “A” – Lei è comunque il più servile di tutti noi. Lei è il servo di se stesso …Io non morirò qua sotto… E soprattutto non morirò suicida. SIGNOR “B” – Aspetti. Non si imbrogli come al solito. Non prenda decisioni avventate da stupido ragazzo. SIGNOR “A” – Io non sono uno stupido ragazzo e nemmeno sarò mai un quarantenne come lei, e nemmeno un sessantenne… Nemmeno un ot- tantenne. Io non sarò mai tutto questo. SIGNOR “B” – Aspetti! Sta precipitando tutto in un modo puerile e senza senso. Non voleva tormentarsi con i mari del sud? SIGNOR “A” – I mari del sud non sono un tormento, ma un desiderio. (Si sente il pezzo blues struggente di prima). Me ne vado di sopra. (Fa per uscire). SIGNOR “B” – Aspetti. Ecco. (Tira fuori una pistola) L’abbiamo conservata per usarla, no? E’ questo il momento. Siamo riusciti a creare lo stato d’animo adatto… SIGNOR “A” – Io devo andare adesso, non ho più tempo. SIGNOR “B” – (debolmente) La smetta di pensare al tempo. Giochiamo allora, avanti… A rialzo, come piace a lei. SIGNOR “A” – Non ho più tempo nemmeno per giocare, devo andare… Sente? (ascoltano la musica) …Il mare mi chiama. SIGNOR “B” – Aspetti. (Riferendosi al SIGNOR “C”) E lui, non lo vuole seppellire? SIGNOR “A” – (si ferma. Guarda il SIGNOR “C”. Breve pausa) Lui aveva ragione, siamo sprofondati così in basso che siamo già seppelliti qua sotto… Allora cosa fa, viene via con me? SIGNOR “B” – Non ci penso neanche. Io non contribuirò neanche di un millimetro alla catastrofe umana che si sta celebrando là sopra. Io mi suiciderò come è stato stabilito e lo farò di col- po. Anzi, ecco venga cominci lei, dimostri un po’ di coraggio almeno, l’aiuterò io… (Gli porge la pistola). SIGNOR “A” – Coraggio? Non credo sia questo il coraggio… A mai più allora… (Fa per andarsene). SIGNOR “B” – Aspetti, non tradisca il nostro destino, noi siamo nati suicida… Glielo assicuro. SIGNOR “A” – Non credo… Nessuno nasce suicida. Non è riuscito a convincermi, tutto qua. E’ se farà quel gesto, sarà lei a tra- dire il mio destino, dato che siamo la stessa persona. SIGNOR “B” – Ma lei crede davvero che questa nostra situazione sia la realtà? SIGNOR “A” – Devo andare adesso, non ho davvero più tempo. (Rife- rendosi alla musica) I mari del sud mi chiamano. A proposito, me lo dice quel pensiero che l’ha tanto turbata quando è svenu- to? SIGNOR “B” – Che importanza ha adesso che se ne vuole andare? SIGNOR “A” – Così, semplice curiosità. (Breve pausa) Me lo dice? SIGNOR “B” – Non era un pensiero… (Turbato) E’ una certezza… (Pau- sa). SIGNOR “A” – …Allora? SIGNOR “B” – (sbrigativo) Siamo già nel cassetto. SIGNOR “A” – (non capendo) Scusi? SIGNOR “B” – (seccato) Il nostro autore ci ha già messo tutti e quattro nel cassetto. E’ già venuto a nostra insaputa, ha detto sottovoce fra sé “Esperimento fallito” e ci ha messi nel cas- setto in attesa d’ispirazione, senza darci nome reali come l’altra volta. Passeranno anni prima che ci rimetta fuori, pro- prio come l’altra volta. Ammesso che ci tirerà di nuovo fuori. Ecco la nostra situazione “estremamente pericolosa”: siamo per- sonaggi in costruzione, capisce? SIGNOR “A” – No. SIGNOR “B” – Appunto. Ma è questa la realtà, non quella che pensa lei. SIGNOR “A” – …Lei avrebbe bisogno di un po’ d’aria, non trova? SIGNOR “B” – No. Non credo. SIGNOR “A” – Ne è sicuro? SIGNOR “B” – Io qui mi salverò… Io morirò prematuramente di mia volontà e sarò ricordato per sempre come un personaggio che sa almeno odiare, seppure senza nome. Lei invece svanirà nella mancata ispirazione del nostro autore. Se lo ricordi: noi quat- tro abbiamo almeno vissuto un poco, grazie al mio alito vitale di odio. Se lo ricordi. SIGNOR “A” – Me lo ricorderò… Mi scusi, un’ultima cosa, perché è così sicuro che io svanirò per sempre? SIGNOR “B” – Perché? …Nel vuoto abissale che si celebra là sopra, anche il nostro autore non ha assolutamente più niente da dire, inerme anche lui di fronte al nulla, ingoiato dalla mediocrità della società come tutti gli altri. SIGNOR “A” – Vedo che il suo alito di odio, si ostina a rimanere vitale… SIGNOR “B” – Di questo sono fatto… SIGNOR “A” – (vibrante) E allora viva ancora… SIGNOR “B” – Lei continua a non capire. Io vivrò sì, nel suicidio. Lei invece svanirà per sempre. SIGNOR “A” – Bene. Me ne torno fuori allora… Farò di tutto per non svanire, glielo assicuro… SIGNOR “B” – Lei è praticamente già svanito… SIGNOR “A” – Non ricominci la prego… Venga con me invece… Vedrà… SIGNOR “B” – Vedrò cosa! Lei crede davvero che qualche inaspettata ispirazione ci salverà? SIGNOR “A” – A proposito… E i Tachioni? Ci porteranno davvero nel passato prima o poi? SIGNOR “B” – Macché “passato”. Dovremo cercare di liberarci dei Tachioni una volta per sempre, tanto sono fastidiosi. SIGNOR “A” – Giusto. SIGNOR “B” – Ma fino a quando non avremo una prova convincente della loro inesistenza, non potremo mai essere sicuri che im- provvisamente un Tachione non venga e ci dica: “Eccomi qua”. SIGNOR “A” – Capisco. Come l’ispirazione? SIGNOR “B” – No. Come la giovinezza. SIGNOR “A” – Capisco. SIGNOR “B” – Non credo. SIGNOR “A” – (con impeto) …Venga con me, mi farebbe piacere. Dav- vero. SIGNOR “B” – (scuotendo leggermente la testa) No. Grazie. SIGNOR “A” – Peccato. (Esce). (Il pezzo blues si fa presente, come portato dal vento) SIGNOR “B” – Aspetti. Giochiamo ancora… Torni indietro… (il pezzo blues è sempre più in primo piano. Il SIGNOR “A”, si al- lontana. Il SIGNOR “B” lo segue con lo sguardo in silenzio e quan- do la musica aumenta ancora di volume, inizia a vomitare. Quando il SIGNOR “A” è svanito del tutto alla vista, il SIGNOR “B” si spara alla tempia cadendo a terra morto sul corpo del SIGNOR “C”. Il pezzo blues sale fortissimo. Buio) - F I N E - Perugia 22 Aprile 2001