"LEBBRA!" (Titolo provvisorio) Canovaccio di Andrea Jeva I diritti d'autore di "Lebbra!" sono protetti e tutelati dalla Soc. S.I.A.E. (Societa' Italiana degli Autori ed Editori). Le rappresentazioni e pubblicazioni sono soggette a royalty. Ogni richiesta relativa ai diritti d'autore, dovra' essere indirizzata a: S.I.A.E. / Sezione D.O.R. / Viale della Letteratura, 30 / 00144 Roma - Italy - L'autore richiede di essere informato per ogni produzione del presente lavoro - L'autore puo' essere contattato attraverso la S.I.A.E., o direttamente con e-mail (infogatto@andrea-jeva.it N.B. togliere il nome dell'animale dall'indirizzo) Personaggi: PALMERINO - Anziano sacerdote di una chiesetta di campagna. Interpreterà anche uno Zio e sostituirà la Cavia del medico di Salerno. SORDELLO - Personaggio evocato da Palmerino. Ha sempre con sé un cornetto acustico, essendo un po' sordo. E' amante della musica, della medicina e della poesia. Interpreterà anche il Suonatore di Liuto, il Medico di Montpellier, il Medico di Salerno e un Figlio (Aspirante poeta) del fattore. ABELARDO - Personaggio evocato da Palmerino. Uomo d'arme. E' vestito con un'armatura leggera. Interpreterà anche il Peccatore e il Fattore amante della "Cavalleria". SPADOLINO - Personaggio evocato da Palmerino. E' un bugiardo. (Può essere fatto da una donna in travestì). Ha una spada di legno come quelle che usano i bambini. Interpreterà anche un figlio (Aspirante saggio) del fattore. SANGUEBRUNO - Personaggio evocato da Palmerino. Nobile cavaliere. PARROCCHIANO - Anzianissimo frequentatore della chiesa di Palmerino. Interpreterà anche il cavaliere amico di Sanguebruno e la moglie del fattore (In travestì). PARROCCHIANA - Anzianissima frequentatrice della chiesa di Palmerino, moglie del Parrocchiano. Interpreterà anche la Cavia del Medico di Salerno, la Figlia (Aspirante martire) del fattore e tutte le fanciulle della commedia. L'azione si svolge nell'Europa meridionale, nel XIII secolo. PROLOGO: - PALMERINO, sta celebrando una messa nella sua chiesetta di campagna. Alcuni ceri sono accesi. Sono presenti i due Parrocchiani. All'apertura del sipario, dopo poco, Palmerino e i due Parrocchiani si mettono a cantare a squarciagola un canto gregoriano. Quando finiscono di cantare, Palmerino dice ai due Parrocchiani che è finalmente venuto il momento della predica, in quella loro messa domenicale. - I DUE PARROCCHIANI, molto goffamente, esultano. - PALMERINO dice ai due Parrocchiani di avvicinarsi a lui e di sedersi e prosegue: "Cari Parrocchiani, oggi è un giorno molto significativo, sapete che giorno è?" - IL PARROCCHIANO risponde zelante: "Sì, è il 2 Luglio del 2911". - "Ma no, che 2911", dice Palmerino, "Hai indovinato solo il mese". Si rivolge alla Parrocchiana e le domanda: "Dimmelo tu, dimmelo tu, che giorno è?". - LA PARROCCHIANA risponde urlando di paura. - PALMERINO la calma: "E va bene, non fa niente, non fa niente, ve lo dico io che giorno è... E' il 12 Luglio dell'anno del signore 1291. E sapete cosa vuol dire questo?" - IL PARROCCHIANO risponde zelante: "Sì, Carlo d'Angiò e Manfredi a Benevento". - "Cosa?", domanda Palmerino. - IL PARROCCHIANO, "Sì, che oggi Carlo d'Angiò e Manfredi a Benevento!". - LA PARROCCHIANA al grido di paura "Manfredino - Manfredino", si nasconde sotto un bancone. - PALMERINO prende per il braccio la Parrocchiana: "Ma no, niente paura, questo è successo trent'anni fa, Carlo d'Angiò ha vinto in battaglia Manfredi nell'anno del signore 1266, a Benevento. Ma non sapete proprio rispondere giusto oggi. E va bene, non fa niente, non fa niente, vi do io la risposta. Allora, con oggi sono dieci anni che le nostre anime vivono da sole nel nostro caro villaggio di campagna. Dieci lunghi anni senza scambiare parole con altri all'infuori di noi. Avete capito?". - Dicono si i Parrocchiani. Lei piange, lei la consola. - PALMERINO: "Fate bene a piangere, l'ultimo dei nostri cari è morto dieci anni fa lasciandoci soli, ma non fa niente, non fa niente, coraggio, dobbiamo rassegnarci e finire così la nostra vita. Ma non dobbiamo rattristarci perché anche oggi il vostro umile sacerdote si assumerà il compito di ricordare per voi una storia molto edificante che servirà, come di consueto, da predica...". - Esultano goffamente i Parrocchiani. - PALMERINO: "Bravi i miei Parrocchiani... Sarà un ricordo che ci solleverà anche lo spirito, come nei momenti migliori. Siamo fortunati in fondo, poiché Dio, che tutto può, nella sua magnanimità, ci ha donato la capacità di essere sempre pronti a meravigliarci ad ogni sorte umana, e non per pettegolare come si usa nelle deboli parrocchie frequentate dalle servette, bensì per stupirci e allo stesso tempo congratularci per i capricci insidiosi e stupefacenti della sorte. In questi dieci lunghi anni, il mio saper ricordare e il vostro saper ascoltare, ci ha fatto riassaporare la capacità di entusiasmarci ancora e, ognuno di noi, adempiendo al proprio compito, ha conquistato la capacità di trasfigurare, pensate, trasfigurare, la solitudine in benevole compagnia. Ma non perdiamo altro tempo, poiché le sorprese del mio ricordare non intendono oltre aspettare. Allora, l'insegnamento di questo giorno di commemorazione è: Aver cara la fede e l'amore, pensate: La fede e l'amore. Sapete cosa vuol dire: Aver cara la fede e l'amore?" - LA PARROCCHIANA urlando di paura si affretta ad uscire dalla chiesa. - IL PARROCCHIANO al grido di "Moglie mia, moglie mia", la segue. - "Ma no, venite qua, venite qua!". - LA PARROCCHIANA borbotta qualcosa facendo solo capire la parola "Indulgenza". - PALMERINO dice: "Cosa?". - "L'indulgenza!", dice nervosa La Parrocchiana. - PALMERINO: "Ma come te la do l'indulgenza, l'indulgenza si paga, con cosa me la paghi che non avete niente, su, che indulgenza... ", e li prende per il braccio portandoli indietro. "Per la risposta non fa niente, non fa niente, non rispondete, tanto si capirà tutto dal mio ricordo, ma io ve le devo fare le domande, no? Per tenervi in allenamento, no? Non dovete spaventarvi e nemmeno chiedermi le indulgenze a sbafo, se vi rincitrullite, a chi racconto i miei ricordi? Eh? Eh? ...Bene, adesso cominciamo. Oggi comincerò così: Voi conoscete il mio nome, no? No? Chi sono? - LA PARROCCHIANA molto discretamente cerca di andarsene seguita dal marito alla chetichella. - PALMERINO: "Ma venite qua! Su, dovete mantenervi in allenamento, chi sono io? - LA PARROCCHIANA dice "Lancillotto". - PALMERINO: "Ma no...". - IL PARROCCHIANO: "Lo so io, lo so io: Niccolò". - PALMERINO: "Ma no, quello è il nuovo papa, Niccolò IU... Non fa niente, non fa niente, vi aiuto io, io sono Pal... Pal...". - I PARROCCHIANI dicono in coro "Palmerino". - PALMERINO: "Palmerino sì, bravi, ascoltate con attenzione adesso, perché se ascoltate male io poi me ne accorgo, lo sapete no? Allora, siete pronti?". - IL PARROCCHIANO: "Sì ma voi raccontate bene però!". - LA PARROCCHIANA: "...Bene però!". - PALMERINO: "Sì, racconto bene. State tranquilli. Allora, io mi chiamo Palmerino, avete detto bene, ma potrei anche chiamarmi Abelardo o Sordello, o Spadolino... ". - LA PARROCCHIANA: "O Lancillotto!". - PALMERINO: "No, Lancillotto no! Abelardo, Sordello o Spadolino". - Nel pronunciare i nomi, appaiono, catapultati lì, i personaggi che portano quei nomi molto sorpresi di essere arrivati in quella chiesa. - PALMERINO ai due Parrocchiani: "Li vedete, eh? Li vedete?". - IL PARROCCHIANO zelante: "Sì sì, io li vedo". - LA PARROCCHIANA: "Anch'io, anch'io". - PALMERINO: "Bene, siete invecchiati, ma sempre dei grandi ascoltatori, bravi...". - Improvvisamente la Parrocchiana, urlando Manfredino, Manfredino si rinasconde sotto il bancone. - I nuovi arrivati, si allarmano all'urlo della Parrocchiana. - PALMERINO: "Ma no, loro non c'entrano niente con Manfredino, altrimenti sarebbero vecchi come voi, no? Su provate a toccarli, non fanno niente, vedrete, su, senza paura". - IL PARROCCHIANO con cautela li tocca, i nuovi arrivati si mostrano infastiditi e timorosi. Li tocca anche la Parrocchiana, uscendo dal nascondiglio. - PALMERINO alla Parrocchiana: "Visto che non fanno niente?". - PALMERINO dice ai nuovi arrivati che anche loro non devono aver timore, perché sta solo facendo un esempio: "Gli stavo dicendo che io mi chiamo Palmerino, ma potrei anche chiamarmi Abelardo... Chi di voi è Abelardo?". - ABELARDO alza, indeciso, la mano. - PALMERINO: "O Sordello... Su, chi è?". - SORDELLO alza la mano. - PALMERINO: "O Spadolino, che sei tu", e lo indica "Che importanza può avere, volevo dire, un nome nello sconfinato scorrere del tempo? Eh? Eh?". E lo domanda anche ai personaggi evocati che accondiscendono convinti. Palmerino dice ai nuovi arrivati di continuare a stare tranquilli che sta solo facendo un esempio e che poi gli spiega tutto. Quindi gli presenta, la chiesa, il luogo in cui è situata (In campagna), e i due Parrocchiani. - Poi mostra l'altare, da cui prende la coppa di vino per le messe e ne beve un po', e, mentre offre il vino anche agli altri personaggi, chiede ai Parrocchiani il luogo geografico dove è situata la chiesa. Questi con reazioni simili a prima rispondono che quella è la loro chiesa di campagna situata a nord di Pavia. Palmerino dice: "Sì bravi, ma potrebbe anche essere una chiesa di città, e situata in un luogo qualunque, che importanza ha la precisione del luogo nella sconfinata grandezza della terra? Eh? Eh?". - I personaggi evocati accondiscendono convinti e ...si preoccupano di ricevere ognuno il proprio sorso di vino. - PALMERINO dice che tutto è vacuo e che la sola cosa al mondo a cui l'umanità deve rispetto è la memoria che è piena di risorse. Dice, incantato, che alla memoria basta ricordare e subito l'intorno si colma di visioni: indica i personaggi evocati e li accarezza. Gli dice che lui li ha conosciuti molto tempo prima, quando ancora poteva viaggiare, ma loro non si possono certo ricordare di lui perché lo avranno visto solo passare. - Questi accondiscendono guardandolo guardinghi. - PALMERINO: "Oppure posso ricordare un cavaliere e il suo cavallo, una campana e il suo suono, ma anche una pentola ed il suo odore, sentite? vedete?". Basta ascoltare bene, vedete? - Apparirà e si sentirà in scena tutto ciò che Palmerino pronuncia. Anche gli altri personaggi provano a ricordare e mostrano con sorpresa il frutto della loro memoria, ci sarà anche qualcosa di sconveniente. Spadolino non riesce a far materializzare i suoi ricordi. - PALMERINO dice che il merito non è il suo ma dei svariati molti pellegrini da cui tanto ascoltò e poi tanto ricordò. "Anch'io!", "Anch'io!", "Anch'io", dicono a turno gli altri personaggi. "Sì, sì, sì", li calma Palmerino domandandogli se anche loro sono dei "Ricordatori", al loro assenso, Spadolino appare palesemente un un bugiardo, anche se cerca di mascherarlo. Palmerino aggiunge, facendo notare che lui, però, è il ricordatore capo dato che lui stesso gli ha chiamati, e che iniziò a cercare nei racconti dei pellegrini, se trovava qualcosa con cui rendere più lievi le ore tristi della vita, ma che fosse anche di tale fatta che rendesse grazia a Dio e infine che accattivasse il buon volere dei Parrocchiani. "Anch'io!", "Anch'io!", "Anch'io!", aggiungono a turno gli altri personaggi, facendosi belli davanti ai due Parrocchiani. - Tutti camminano fra le cose della loro memoria, mostrandole ai Parrocchiani e accarezzandole con molto rispetto, anche Palmerino accarezza estasiato i suoi ricordi. - Poi Palmerino dice che ricorderà adesso, con l'aiuto dei presenti tutti e sperando nella costante gentilezza della memoria, il suo ricordo migliore perché ai Parrocchiani vuol farne dono, in quel giorno particolare di commemorazione. E' un ricordo che risale ai primi anni del suo sacerdozio, quando per lui ancora era il tempo della prodigiosa ingenuità, e se solo, in minima parte, riuscirà a rievocare quella ormai perduta prodigiosità, in cambio non vuole altro che una preghiera, affinché la sua anima, quando il tempo e lo spazio per lui non saranno più, possa salvarsi, senza molto vagabondare. "Anche voi!", "Anche voi!", "Anche voi!", dice Palmerino anticipando gli altri personaggi. Fra i quattro iniziano i primi stridori. - Poi Palmerino dice che ascoltò la storia che sta per ricordare dal nipote di un suddito di un grande signore che viveva in un feudo suo in Svevia. Molti anni ci separano da questo grande cavaliere. - Il cavaliere, con piccoli ritocchi eseguiti da Palmerino, diventa il grande signore. Con ritocchi simili, il palcoscenico diventa un villaggio di quel feudo. Anche il Parrocchiano viene istruito da Palmerino e con piccoli ritocchi, l'aggiunta di un bastone che funge da cavallo, diventa un altro giovane cavaliere. E' giorno di mercato. Anche gli altri ricordatori dicono di ricordare quel mercato e, chiedendo conferma a Palmerino se vi era questo e quest'altro, materializzano i banchi di vendita, diventando loro stessi i venditori di quel mercato e, vivacizzando l'ambiente, riveriscono il grande cavaliere al suo passaggio. Raggiunge il grande signore l'altro cavaliere, (Il Parrocchiano). - Gli altri ricordatori, intervengono ribadendo che anche loro conoscono quella storia e che il nuovo cavaliere, mai e poi mai però è arrivato da quella direzione, e iniziano a farlo arrivare da tutte le parti, a seconda del proprio ricordo, quando sta per iniziare una lite, in cui lo stesso cavaliere interviene, stufo di quel tanto correre, Palmerino s'impone dicendo: "Ma che importanza può avere la direzione del suo arrivo!", e discutendo si mettono d'accordo, magari tirando a sorte il ricordo da scegliere, e arrivano alla decisione unanime che la cosa importante è ricordare cosa il nuovo cavaliere è venuto a dire al grande signore. Il ricordatore scelto dalla sorte continua il ricordo e fa arrivare il cavaliere dal lato da lui scelto. - Quest'altro cavaliere si congratula con il grande signore, gli dice che non gli manca neppure una di quelle doti necessarie ad un giovane re e, facendo notare le riverenze dei sudditi e anch'egli ammirandolo, gli dice che la sua fama è perfetta. - Scettici gli altri personaggi, comunicano al ricordatore che si è aggiudicata quella parte di ricordo, che non sono così convinti che il nuovo cavaliere ha fatto tutte quelle corse per adulare, semplicemente il grande cavaliere. Interviene, mettendo a tacere tutti gli altri, Palmerino dicendo: "Ma cosa importano questi futili dubbi, supportati solo da una possibile fallace memoria" alludendo alla memoria del ricordatore in questione. Questo cerca di difendersi ma Palmerino prosegue inesorabile: "Il suo nome era famoso, si chiamava sire Sanguebruno ed era nativo nientedimeno che di Aue". Gli altri ricordatori accondiscendono convinti, dicendo che sì si chiamava Sanguebruno. Palmerino s'infervora e salendo su un bancone della chiesa, procede nel ricordare e racconta con grandissima partecipazione di come il cuore di quel grande cavaliere Sanguebruno, rifuggiva la falsità e la volgarità. - Il grande cavaliere, l'altro cavaliere, e i sudditi, sorpresi dalla foga di Palmerino si siedono ad ascoltarlo. I venditori, a mano a mano che Palmerino ne tinge le lodi, si congratulano con il grande cavaliere. - PALMERINO procede dicendo che il grande cavaliere era in grado di mantenere un giuramento fino in fondo alla sua vita e non portava macchia alcuna. - SPADOLINO, si mette furbescamente a vendere i suoi prodotti, dicendo che il ricavato servirà al ricordatore capo per la sua chiesa. Tutti comprano qualcosa, compreso il grande cavaliere. - PALMERINO richiama all'ordine il ricordatore bugiardo, dicendogli comunque di non disturbare troppo. Questi, accoglie l'invito, senza però desistere dal vendere i suoi prodotti. - PALMERINO procede dicendo che il grande cavaliere possedeva a suo talento il successo che dà il mondo ed accrescerlo poteva coi molteplici suoi pregi. Era un fior di giovinezza, gioia della sua famiglia, un diamante in fedeltà. - Gli altri ricordatori costringono il bugiardo a sedersi. Incuriositi dal racconto. - PALMERINO procede dicendo che il grande cavaliere Sanguebruno era un baluardo per la sua gente e che il suo donare era molto equilibrato, era senza sperperi ma anche senza avarizie. Sulle sue spalle portava il grave peso dell'onore. - "E' vero!", dice il ricordatore bugiardo Spadolino. - "Sì è vero!", "Ha ragione!", aggiungono gli altri due per non essere da meno. - Il bugiardo tenta di farsi dare altri soldi. - Infervorandosi, Palmerino prosegue dicendo che "Era fonte di saggezza, e dell'amore un buon cantore". - "Sì, io mi ricordo...", dice Abelardo, "Il pezzo di quando diede conforto al peccatore!". - "Anch'io... Io mi ricordo quello della serenata per conto dell'amico!", dice Sordello. - "E va bene, e allora io mi ricordo il pezzo di quando portava la croce sulle spalle!", dice Spadolino. - "Ma va...", gli fanno eco tutti gli altri. - "Sì invece, ma non la croce croce...", chiarisce il bugiardo, "Quello lo so che è un altro ricordo. Io dicevo "Croce" per dire macigno...". - Il grande cavaliere, fa cenno al bugiardo come per dirgli: "Ma cosa?". - "Ma sì...", insiste il bugiardo "Non se lo ricorda neppure lui, io dicevo "Macigno" per dire il peso dell'onore". - "Ah, il peso dell'onore!", fa capire il grande cavaliere, come ricordandosi dell'episodio. - "Dai, facci vedere, se te lo ricordi, facci vedere...", incalza il bugiardo Spadolino invitando il grande cavaliere a rievocare quel ricordo. - "Allora anche i nostri!", affermano un po' minacciosi gli altri due ricordatori. - "Sì va bene", dice Palmerino, "Questi ricordi serviranno da prologo, ma ricordiamo con calma e mi raccomando", e guarda severo gli altri ricordatori, "Noi che abbiamo più spiccato di altri il senso del ricordo, siamo a noi stessi solidali, e disinteressati, aiutiamoci nell'avventura. Poi guarda i Parrocchiani e dice: "Chi, al contrario non è un ricordatore, si attenga scrupolosamente alle istruzioni, senza fare confusione. - I DUE PARROCCHIANI accondiscendono. - PALMERINO prosegue: "E agli uni e agli altri, Ricordatori e non, prego di dimenticare l'egoismo, che tanto dolore porta nel mondo, e lasciamo invece al più nobile dei sentimenti che è l'altruismo il compito di esserci testimone. Allora, si dia inizio all'avventura!". - Acconsentono convinti i ricordatori in fermento. - "Inizi il ricordo... Abelardo!", dice Palmerino. - ABELARDO emozionato, beve prima un sorso di vino e poi inizia il suo ricordo. - ABELARDO descrive la scena del ricordo, dice che il cielo era scuro di nuvole minacciose, tutto era calmo e quieto come gli attimi che precedono la tempesta. Sotto un alberello stava il peccatore... - Tutto nella scena si fa come la descrizione. Abelardo si mette sotto l'alberello e, alternandolo con la narrazione, recita l'afflizione del peccatore, facendo oscillare una grande pietra dal ramo dell'albero e facendosi colpire inesorabilmente dal masso. - ABELARDO, non tralasciando l'azione del masso e le grida di dolore, descrive il paesaggio. Una distesa vastissima di campagna, con l'alberello in lontananza. E invita gli ascoltatori ad immaginare l'alberello lontano e di vederlo come lo vide il sire Sanguebruno e cioè, un'insignificante puntino sotto il cielo minaccioso. - SANGUEBRUNO invitato da Abelardo, si allontana con il suo cavallo e fa l'azione di avvicinarsi all'alberello. - ABELARDO prosegue: "Sanguebruno si avvicinava pensieroso al proprio castello, quando sotto l'albero vide quell'uomo così afflitto". E, continuando a lamentarsi per l'azione del masso che ha continuato ad eseguire, dice che così il sire Sanguebruno apostrofò il peccatore. - Il personaggio Sanguebruno ferma il cavallo e chiede al peccatore a cosa era dovuta quella sua malinconia. Il peccatore risponde che grave era il suo ultimo peccato e che non sapeva come trovare la via della giusta espiazione. Sanguebruno gli chiede qual era il suo peccato e il peccatore risponde che non uno ma molti erano e gravi, ma che l'ultimo era il più grave di tutti: aveva tramato contro la purezza di una vergine in un villaggio dopo una battaglia, spinto dall'agognato piacere della propria carne e che infine la vergine aveva ceduto sotto le invenzioni delle sue menzogne, si era spacciato per un cavaliere campione di un santo e che santa ella stessa poteva diventare superando la prova che egli le proponeva, così ella cedette e così egli, dopo che i fumi del piacere si furono dissolti nell'appagata animalità, fu sopraffatto dalla colpa e a nulla erano valse le sue numerose prove per ottenere la giusta pena. Così si era legato al piede destro una grande pietra per rendere impossibile il suo cammino, ma era purtuttavia riuscito a percorrere molte e molte miglia dal suo feudo e molte ancora ne avrebbe facilmente percorse se lì non si fosse fermato. Tutte le notti poi, si era preparato un giaciglio di ortiche ma sempre era riuscito a dormire profondamente. Si era persino imposto la continenza dei propri bisogni, ma il suo ventre così agilmente riusciva da sette giorni a superare la prova. In ultimo, ed è come il grande cavaliere Sanguebruno lo ha trovato, aveva appeso con una corda robusta la grande pietra al ramo di un'albero e facendola oscillare, con il petto cercava di opporsi alla pesante oscillazione, ma ugualmente la sua carne non veniva neppure illividita (Mostra il petto a Sanguebruno), dalla evidente insufficiente pena in confronto del suo peccato. "Oh grande cavaliere", dice il peccatore, "La vostra saggezza è grande e io lo vedo da come il vostro superbo cavallo vi ubbidisce, aiutatemi, vi prego, a trovare la mia giusta pena". - "Non esitò neppure un attimo il sire Sanguebruno", dice Abelardo sciogliendosi un attimo dal rappresentare il peccatore. - "E sia", dice Sanguebruno al peccatore, "Vi insegnerò la ricetta della pena finale. Tale segreta ricetta mi venne donata in sogno da me stesso, in un momento di grande intimità con il Signore. Di questo vi faccio dono, e se a questa pena Dio stesso, che tutto può, vorrà concedervi ugualmente la sopravvivenza, non vi rimarrà che la preghiera la preghiera e poi la preghiera, ma mai dovrete diramare nel mondo, se non per necessità analoga alla presente, questa ricetta così pericolosa". - "Sarà fatto mio salvatore", risponde il peccatore. - SANGUEBRUNO insegna la semplice ricetta che consiste nel buttare fuori il fiato e non riprenderlo più fino a che morte non sopraggiunga. "Grande è la volontà necessaria per portare a compimento la pena", dice il grande cavaliere, "Così avrete anche la misura del vostro pentimento. Che la fortuna vi assista mio povero peccatore", così dicendo il grande cavaliere si allontana sul suo superbo cavallo di cartapesta. Ringraziato con generosi inchini dal peccatore. - "E miracolosamente pure il sole risplendette all'improvviso come a sottolineare il proprio plauso per il grande cavaliere Sanguebruno", dice Abelardo apprestandosi alla pena. - La luce si fa più splendente. - Il peccatore inizia la grande prova della propria volontà. Prova e riprova ma all'ultimo prende sempre il respiro commentando: "Non ce la farò mai, mai...". E riprova e riprova... - PALMERINO dice "Bene. Bene Abelardo, hai ben ricordato la saggezza di Sanguebruno". Abelardo riceve le congratulazioni dei presenti. Poi Palmerino dice: "Continua adesso il ricordo... Sordello". Sordello non sente. Palmerino parlandogli nel cornetto acustico, ripete che deve continuare lui il ricordo. - SORDELLO, anche lui emozionato, beve prima un sorso di vino e poi, prendendo un liuto e pizzicandolo distrattamente, dice che il suo pezzo di ricordo è accaduto molti anni prima del ricordo di Abelardo, quando Sanguebruno era poco più che adolescente e già la fama lo aveva sorpreso per la capacità della sua voce di incantare gli ascoltatori. Sordello fa un cenno a Sanguebruno per dirgli di mutarsi in adolescente e, vedendo che non vi sono altre donne fuorché la Parrocchiana, le si avvicina e parlottandole la istruisce e con l'aiuto di Palmerino, con piccoli ritocchi, la fanno diventare una giovane fanciulla. - SANGUEBRUNO si affretta ad indossare i panni dell'adolescente e intona la sua voce ai suoni del liuto. La Parrocchiana diventata fanciulla, si mette ad un balcone improvvisato, e si appresta, emozionata, a "Ricordare" la parte. - SORDELLO dice che vi era un giovine in età d'amore e lo presenta, (Indica il personaggio maschile che ha fatto il Parrocchiano e poi l'altro cavaliere, questi, un po' sorpreso, indossa i panni che furtivo Sordello gli porge), un giovine che malgrado tutti i suoi sforzi non riusciva a conquistare il cuore della sua bella di nobilissima famiglia (E presenta la fanciulla al balcone). Questo giovine era molto amico di Sanguebruno e confidando a lui le proprie difficoltà, lo pregò di tentare per lui l'ultima carta, quella della serenata che tanti amori aveva già dato al mondo ma rammaricandosi che era stonato e occorreva appunto l'aiuto di Sanguebruno. "Prego...", dice Sordello invitando i protagonisti all'azione. Impersonando lui stesso il suonatore. - Il giovine amico, incitato da Sordello, dice agli ascoltatori che sì, era disperato e alla sua disperazione si aggiungeva anche il fatto di essere molto stonato (Fa sentire a che punto è stonato) e domandò, proprio come Sordello aveva ricordato, a Sanguebruno la grazia della sua voce ed esegue la supplica a Sanguebruno. Sanguebruno accetta di buon grado e la sera stessa vanno insieme sotto il balcone della bella. Sanguebruno, il giovine amico e il suonatore si avvicinano all'improvvisato balcone. - SORDELLO dice che Sanguebruno cantò per l'amico, cantò oh come cantò. Ed inizia a suonare. - SANGUEBRUNO esegue la serenata cantando di come il suo cuore fremeva per la bella e di come non poteva avere pace senza l'amore di lei. Senza nemmeno lasciar terminare la serenata, la bella scavalcando il balcone si getta fra le braccia di Sanguebruno, ma questo con molta determinazione si sottrae all'abbraccio, dicendole che la sua voce in verità è al servizio dell'amico. - Ma la bella non vuol sentire ragioni e anzi, vuol fuggire con Sanguebruno. - SANGUEBRUNO allora gioca d'astuzia vedendo l'amico disperato e dice alla bella che con grande onore vorrebbe fuggire con lei ma solo ad un patto che prima lei dimostri amore al suo amico, perché solo così dopo che ha amato l'amico potrà verificare se si tratta di vero amore nei suoi confronti, solo dopo aver amato l'amico, ribadisce Sanguebruno, potrà essere certo che la bella l'ama di amore autentico, dimostrando, che pur innamorata di un altro, desidera ancora fuggire con lui. E aggiunge che quella è l'unica prova certa che si può avere su questa terra in fatto d'amore. - La bella accetta e mano nella mano s'allontana con l'amico. - SORDELLO dice che fu così che l'amico di Sanguebruno ottenne ciò che voleva ottenere, grazie alla bontà d'animo di Sanguebruno. Dice anche che il seguito della vicenda non fu così esemplare ma che a quel punto non riguardava più il loro beniamino Sanguebruno e infatti: - S'intravede l'amico di Sanguebruno che incatena la bella ad un palo tenendola prigioniera e frustandola. Mentre la fanciulla con tutti i mezzi, cerca di fuggire. - SORDELLO cerca di coprire con il proprio corpo la suddetta scena dicendo imbarazzato a Palmerino: "Ma questo è un altro ricordo...". Palmerino l'aiuta e per andare oltre dice: "Bene, bene, conclude il ricordo... Spadolino". - SPADOLINO molto imbarazzato per l'improvvisa decisione, e non sapendo in verità nulla di Sanguebruno essendo un bugiardo, tergiversa dapprima bevendo il vino e poi prendendosela con Palmerino perché insiste a dire "Continua il ricordo", "Conclude il ricordo", ma, afferma con vigore, che non si tratta di uno stesso ricordo e che, come già Sordello ha avuto modo di dire, si tratta di pezzi di ricordi mischiati fra loro. Dopo un pacato, ma polemico battibecco, Palmerino afferma che non ha nessuna importanza la collocazione nel tempo dei ricordi ma importa in quel momento solo far capire le grandi qualità del sire Sanguebruno per poi continuare il vero e proprio ricordo. "E' vero! E' vero!", accondiscendono convinti tutti, e biasimano Spadolino. Applaudono invece Palmerino e sulla scia dell'entusiasmo anche Sanguebruno, i quali, si scherniscono con distratta civetteria. - "Bene", dice Palmerino "Conclude allora con i pezzi dei ricordi... Spadolino". - A malincuore Spadolino inizia descrivendo come il tempo atmosferico del suo pezzo di ricordo era diverso da quello di Sordello, il sole era alto e forte e vi erano pure gli uccellini, perché si doveva essere in una primavera inoltrata che quasi sembrava un'estate e che quindi la croce fatta a macigno che in verità era un peso, uno dei tanti dell'onore del grande cavaliere, affaticava parecchio Sanguebruno, che infatti camminava barcollando. Spadolino invita Sanguebruno ad eseguire. - SANGUEBRUNO cammina barcollando con il suo cavallo di cartapesta fra il cinguettare degli uccellini eseguiti da Spadolino (Che non sa far materializzare i ricordi). - SANGUEBRUNO domanda con gli occhi a Spadolino se va bene così come sta facendo. - "Sì ma senza cavallo!", ordina Spadolino, perché dice che il peso solo lui lo portava. - SANGUEBRUNO esegue. - "Ma non precipitiamo", dice Spadolino a Sanguebruno, interrompendo la sua azione, e, prendendo spunto per un'idea dalla fanciulla del balcone, aggiunge ai presenti che sicuramente interessa il motivo di quell'incerto camminare sotto il gran peso di quell'onore, "E vero o no?", dice. - "Sì, sì!", fanno cenno gli ascoltatori. - SPADOLINO dice che vi era una fanciulla di buon cuore, casta e bella assediata giorno e notte da un feroce drago... - "Ma non è vero!", dice con forza Sanguebruno "Macché drago, non esistono! ...Io non ne ho mai visto uno, e sfido chiunque che ne affermi l'esistenza". E sguaina la spada. - "Ma aspetta!", dice Spadolino che nel frattempo ha sguainato la sua spada di legno, "Mica dicevo un drago drago... Dicevo drago per dire una specie di diavolo fatto a pensiero...". "Ah, dicevo...", fa capire a gesti Sanguebruno rinfoderando la spada. - SPADOLINO racconta come questo drago fatto a pensiero, torturava giorno e notte la fanciulla di buon cuore, perché il drago che era in verità un pensiero, si accompagnava giorno e notte nella mente della fanciulla. Questo pensiero, dice, invitava la fanciulla ai piaceri della carne... E invita frettolosamente la fanciulla del balcone ad eseguire il ricordo. - Questa, un po' impacciata, fa vedere gestualmente come l'aggrediva il pensiero dei piaceri della carne. - SPADOLINO approva. - "Ma non è vero!", si oppone ancora con forza Sanguebruno, "Non esiste nel nostro genuino mondo, una fanciulla così dissoluta". - "E allora raccontalo tu!", risponde Spadolino non volendo più continuare il ricordo. Tutti lo pregano ma lui niente non vuole e anzi dichiara di essere profondamente offeso, e che l'unica soluzione possibile a quella sospensione è quella che Sanguebruno dimostri la sua proverbiale sincerità, raccontando lui di persona ciò che lui stesso voleva dire e che egli sarebbe stato ben attento a che il ricordo fosse appunto sincero. - SANGUEBRUNO accetta la soluzione e racconta di persona. "La fanciulla", dice Sanguebruno, "Era la figlia di mio zio". Spadolino acconsente un po' meravigliato. "E", prosegue Sanguebruno, "Era profondamente innamorata di me". Spadolino acconsente. "Ed era anche molto audace per essere una fanciulla". - Interviene imbronciato Spadolino: "Moltissimo audace!...". - "Va bene va bene, abbiamo capito, ma lascia proseguire Sanguebruno in persona...", dice bonario Palmerino. - SANGUEBRUNO inizia il racconto dicendo che stava passeggiando nel chiostro del suo castello, quando la fanciulla lo sorprese. - Ma la fanciulla non lo sorprende e se ne sta ferma. - Ripete Sanguebruno "Quando la fanciulla mi sorprese!". - Ma quella rimane ferma perché, mostra gesticolando, non sa bene cosa deve fare. - PALMERINO interviene dicendo: "Ma come non sai cosa fare!", e la rimprovera. - La fanciulla ridiventa la Parrocchiana vecchia e, piangendo, se ne ritorna al bancone della chiesa. - PALMERINO prendendola sotto il braccio le dice che non fa niente, non fa niente e che l'aiuta lui. "Allora, hai saputo che la fanciulla è la cugina di Sanguebruno, che è innamorata di lui e che lo sorprende nel chiostro mentre sta passeggiando, non ci vuole molto a continuare. Su coraggio...". E ritoccandola qua e la, la fa ritornare fanciulla. - "Sì", dice la Parrocchiana ridiventando fanciulla e un po' vergognandosi invita Sanguebruno a passeggiare nel chiostro, poi lo sorprende e gli confida, improvvisando, quanto gli è caro il suo viso, e le sue braccia forti e che non può avere pace senza di lui. - SANGUEBRUNO le fa presente che sono cugini e che non è conveniente per due cugini avventurarsi in quei discorsi. - Improvvisamente la fanciulla abbraccia Sanguebruno e tenta di baciarlo. Sanguebruno si oppone e poi interrompe l'azione lamentandosi vivamente con Palmerino che a quel punto intervenne lo zio che li stava spiando. - "E' qui che ti volevo!", irrompe Spadolino. - "Ma che colpa ne ho io se lo zio non è arrivato!". Nasce un battibecco in cui Spadolino dice che sì, è colpa sua e che lo zio non è arrivato perché lui, Sanguebruno, non è un vero ricordatore come lui. - "E allora continua tu!", dice Sanguebruno a Spadolino. - "Ma neanche per sogno, io devo già controllare se sei sincero", risponde Spadolino. - "Va bene va bene", interviene Palmerino, "Vorrà dire che qualcuno di noi ricordatori impersonerà lo zio". - "Io no", dice Spadolino. - "Io nemmeno", dice Abelardo. - "Cosa?", dice Sordello. - "E va bene, lo zio lo faccio io", appiana la lite Palmerino e chiede a Sanguebruno dov'era messo lo zio. "Li, dietro a quella colonna", indica la colonna Sanguebruno. - PALMERINO si posiziona, ma poi, chiede a Sanguebruno "Sì, ma io questo pezzo non lo conosco, cosa devo fare?" - SANGUEBRUNO spiega in un orecchio a Palmerino cosa deve fare e Spadolino chiede a tutti "Ma vale parlare nell'orecchio?". - PALMERINO, un po' seccato dice che si certamente che vale e che già nello spettacolo... Pardon, nel ricordo della settimana precedente era valsa una cosa analoga e i Parrocchiani non si erano opposti. "E' vero? I PARROCCHIANI, tralasciando per un attimo i personaggi del ricordo, accondiscendono convinti. - SPADOLINO con un gesto di stizza si rimette seduto e fa cenno a Sanguebruno di riprendere la vicenda. - Con Palmerino nascosto la fanciulla rifà in breve la scena già vista e quando cerca di baciare Sanguebruno, lo zio esce allo scoperto e indignato rimprovera a Sanguebruno il rifiuto della cugina elencando le molte virtù della fanciulla. - A questo punto Sanguebruno rivela con grande sincerità che in verità non ama la fanciulla e che non può comandare il cuore a proprio piacimento anche se così vorrebbe pur di far felice la cugina. - A questa rivelazione la fanciulla scoppia a piangere e sfila il pugnale di Sanguebruno e con questo minaccia di colpirlo. - SANGUEBRUNO porgendo il petto alla cugina le dice: "Fallo pure se questo tu ritieni che mi merito". - Allora la cugina oltre alla delusione viene colta dall'ira e sta per colpire veramente Sanguebruno ma poi, ancora più piangente, corre via, ma nel correre inciampa e si trafigge il cuore con il pugnale del cugino. - Accorrono Sanguebruno e lo zio ma solo per constatare la morte della fanciulla. - Disperato lo zio chiama gente dicendo: "Accorrete accorrete", e siccome nessuno si muove presi come sono dalla vicenda, lo zio da Palmerino incita gli altri ricordatori ad accorrere. - SPADOLINO si rifiuta e così accorrono solo Abelardo e Sordello e qui Palmerino ridiventa lo zio e con una grande scena madre, accusa Sanguebruno di essere la causa della morte di sua figlia, dice che Sanguebruno fece molte promesse alla figlia e quando raggiunse lo scopo meschino, allora si rivelò come il peggiore degli uomini, non solo negando la proprie promesse ma non volendo nemmeno ripagare il danno della ormai violata figlia. - Ridiventando Palmerino dice: "Ecco come iniziò l'inganno". - Scrosciante applauso degli ascoltatori. - PALMERINO li calma e prosegue infervorato, "Ed è così che continuando l'infame zio l'inganno, disse alla gente che all'ennesimo rifiuto di Sanguebruno, proprio quel mattino ricco di primavera e di uccellini soavi che rendevano la primavera un'estate, la figlia, assalita dallo sconforto, si trafisse il cuore con il caro pugnale del cugino preferendo la morte alla vergogna. "Negalo se ne sei capace, nipote ingrato! ...Così disse lo zio crudele", dice Palmerino, scivolando nella parte dello zio, a Sanguebruno. "Negalo!". - Ma Sanguebruno dopo aver chiesto umilmente perdono allo zio e agli accorsi tutti, si allontana barcollando sotto il peso dell'onore che gli vieta (Ed è il commento verbale di Palmerino) "Di rinnegare la fanciulla e quindi rivelare la verità e quindi l'inganno". - "Bravo Sanguebruno!", dicono alcuni personaggi. - "E' andata così?", chiede Palmerino a Spadolino. "Più o meno", risponde. "Sì o no?", ribadisce Palmerino "Sì, sì", si arrende Spadolino per non andare oltre, temendo di essere scoperto all'oscuro del ricordo. - PALMERINO si libera dei panni dello zio di Sanguebruno e riprende a ricordare dicendo che ecco, proprio come quei pezzi di ricordo hanno ben dimostrato, nel culmine del prestigio spirituale e materiale di Sanguebruno, improvvisamente lo colpì la sventura. "Come se la volontà della sorte volesse dimostrare una volta ancora che noi tutti, nessuno escluso, stiamo sulla soglia della morte quando al meglio crediamo di vivere. Da questo punto", dice, "Inizia il vero ricordo, fino ad ora, lo avete visto, si può dire che ho scherzato". "Anch'io!", "Anch'io!", "Anch'io!", dicono a turno gli altri ricordatori. "Bene bene, bene ma cominciamo con la vera storia, più altro tempo non perdiamo, tutti, a ragione, non vogliamo più aspettare e... amici ricordatori, sappiate soccorrermi nei momenti difficili, soccorretemi là dove la memoria ama agire da sola, per meglio presentarci i fatti scomodi, quei fatti che la ragione gentile non vuole accettare. Ma anche dove il mio ricordo si fa debole, vi prego di aiutarmi, giacché la storia voi stessi la conoscete e lo avete ben dimostrato. E in ultimo ma non ultimo... Siate forti e coraggiosi, sappiate servire con passione la forza sublime della memoria, della memoria che si fa ricordo! Lo giurate voi?", chiede improvvisamente Palmerino, prendendosi molto sul serio. - Tutti i ricordatori giurano solennemente. - Si sente in scena una musica incalzante. - "Ed ecco a voi il vero ricordo del sire Sanguebruno!". Annuncia solenne Palmerino. IL VERO RICORDO: /.../ N.B. IL TESTO DISPONIBILE IN RETE COMPRENDE SOLO L'INIZIO E IL FINALE. SI RIPRENDE ADESSO CON LE BATTUTE FINALI. PER OTTENERE IL COPIONE COMPLETO, CONTATTARE DIRETTAMENTE L'AUTORE: infogatto@andrea-jeva.it (N.B. togliere il nome dell'animale dall'indirizzo) /.../ - Li ferma Palmerino, dicendo che non ha ancora finito di ricordare, e aggiunge che sì, ci fu qualche scompiglio, ma nulla degno del ricordo, tutto si risolse invece a favore della quiete, tanto che ancora oggi, nelle sere dei giorni più sperduti, quando il brivido della notte si vuole ritardare, si ama raccontare di Sanguebruno per la coscienza tranquillizzare. "E come il falco che mestamente, dalle altezze vertiginose al nido s'appresta a tornare, così noi, dal gravido ricordo la predica accingiamoci a visitare". - SPADOLINO, saltando, cerca di sparire, ma ricade sempre fragorosamente a terra, attirando così, l'attenzione di tutti. - PALMERINO gli chiede cosa sta facendo. - SPADOLINO dice che siccome le prediche non gli piacciono, vorrebbe ritornare da dove è venuto, ma non riesce e riprova a fare un salto cadendo di nuovo fragorosamente a terra. - PALMERINO: "Ma non puoi tornare così, io ti ho chiamato e solo io posso farti tornare, ma non adesso, quando sarà il momento, aspetta e vedrai e alla fine mi ringrazierai". Poi commosso dice: "Bene, ecco, avete visto cosa significa Aver cara la fede e l'amore?...". - SPADOLINO, scocciato, si mette in disparte. - PALMERINO: "Amici, ricordiamo sempre la fede di Sanguebruno e l'amore della bimba, affinché questo a tutti noi alla fine possa avvenire, affinché Dio, che tutto può, aiuti noi ad ottenere lo stesso compenso. Ma lasciamo Sanguebruno e la bimba al loro destino e veniamo alla nostra predica preziosa...". - Tutti dicono che no, vogliono sapere ancora di Sanguebruno e della bimba. - PALMERINO: "Ma come, di questa gloriosa storia, devo dirvi forse di più?". - "Sì", dicono tutti, "Vogliamo ricordare com'è andata a finire". "E di quando sono tornati al poderetto". - PALMERINO: "E va bene, come volete voi, ricorderemo tutto, ma prima, cari amici, prima che venga il momento di lasciarvi andare, ascoltate quello che ho da dirvi, affinché non sia stato vano Sanguebruno ricordare. Innanzitutto io e i miei Parrocchiani, vi ringraziamo di cuore per quello che con il vostro aiuto siamo riusciti ad ottenere e vorremmo anche, con grande curiosità, chiedervi da dove venite e com'è la vostra vita ma...". - "Anche noi, anche noi...", accennano a dire Sanguebruno, Sordello e Abelardo. Ma Palmerino li interrompe. - PALMERINO: "Ma non lo farete, e neppure noi: Non lo faremo!". - IL PARROCCHIANO zelante: "Non lo faremo!". - LA PARROCCHIANA: "Faremo!". - PALMERINO: "Voi chiederete il perché? Bene, perché dalle vostre risposte conosceremmo i vostri luoghi, conosceremmo le vostre vite, ma le vite e i luoghi sono uguali dappertutto, e a noi basta sapere di voi così: confusamente, serbando per le ore liete, l'opera di completare a nostro piacimento le certezze dei vostri cuori, che solo così saranno migliori delle nostre. La verità è seria e triste e le proprie verità sono sempre le più serie e sempre le più tristi". - LA PARROCCHIANA dicendo "...Tristi!", piange. Il Parrocchiano la consola. - PALMERINO: "Bravi, bravi, fate bene a piangere, dobbiamo rispetto all'avanzare della predica che, lo vedete tutti, non può ora più aspettare. Cari amici, noi tutti siamo chiamati alla vita dal Signore e il Signore non ci domanda dove vogliamo vivere e neppure quando e neppure come. Dobbiamo accettare invece, con coraggio quello che troviamo. Nel momento che veniamo alla vita, amici, dobbiamo d'improvviso combattere con tutti i luoghi: belli e brutti, che troviamo. E' questo il duro compito che ci è stato assegnato. Ma il Signore, nella sua bontà, ha pensato a tutto e ci ha fatto il grande dono per riposarci dalle nostre verità. Ci ha donato, pensate, la capacità di rinnovare la fede e l'amore, attraverso le quali possiamo facilmente uscire dalle peggiori certezze della nostra vita. E come? Semplicemente ricordando, amici, perché il ricordo ci porta dappertutto, anche fuori da noi stessi, e diventiamo quel qualcos'altro, che concede sollievo alla pesantezza del nostro compito. Abbiate sempre cara la fede e l'amore quindi, proprio come il sire Sanguebruno e la bimba generosa... Ma non avendo noi, il dono della lebbra, e neppure, haimè, l'ardore amoroso della giovinezza, dobbiamo convogliare quei due nobili sentimenti a qualcosa che ci sia più adatto e congeniale. Ecco il mio insegnamento in questo giorno di commemorazione: Abbiate sempre cara la fede e l'amore per il ricordo, cari Parrocchiani e amici tutti. Pensate, oggi, così felicemente, siamo diventati sudditi del sire Sanguebruno senza aver mai vissuto il suo tempo e il grande Sanguebruno è stata la nostra guida senza neppure sapere dov'è la nostra chiesetta. Non è questo un prodigio? Ecco, amici, perché non dobbiamo domandarci niente: lasciamoci cullare dolcemente dai misteri e siamo grati a Dio, che tutto può, per averci offerto una tale, incontenibile, possibilità. Ecco quanto io, con i miei Parrocchiani, amici, volevo dirvi prima di lasciarvi andare, sollecitando così la vostra futura presenza tra noi. Quando la stagione sarà ancora propizia, non lasciateci a lungo soli, ma tornate, tornate, tornate ancora". - LA PARROCCHIANA dicendo "...Ancora!", ripiange. Il Parrocchiano e gli altri personaggi la consolano. - PALMERINO: "Bene, vedete tutti come dal pianto della nostra Parrocchiana, premono e urgono adesso, le ragioni dell'epilogo: Ed epilogo sia!". EPILOGO: - PALMERINO si avvicina alla Parrocchiana e la fa diventare di nuovo la bimba, lei smette di piangere ed è felice. Poi le prende la mano e la mette nella mano di Sanguebruno e dice: "Tornarono al poderetto sì, ma solo per prendere la famiglia e andare con loro al castello di Aue. Lui e lei, si sposarono con nozze strepitose. Lui fu di nuovo re e lei la sua regina e così vissero: felici e contenti!". E fa un cenno rituale per l'inizio delle campane. - Tutti acclamano contenti fra lo strepitio delle campane, mentre gli sposi si allontanano solennemente mano nella mano. - PALMERINO intona un canto gregoriano a cui si aggiungono tutti, verso la fine del canto, Palmerino fa un cenno ai personaggi evocati e questi, con un salto, magicamente, scompaiono. (Tranne Spadolino che scompare al 2 salto, cadendo fragorosamente a terra nel 1 ). La bimba ridiventa Parrocchiana e raggiunge il marito e con Palmerino, concludono il canto. Poi i Parrocchiani fanno una genuflessione verso l'altare ed escono sottobraccio, né contenti né tristi, dalla chiesa. Mentre Palmerino ripone il vino nel tabernacolo e s'inginocchia all'altare. Poi spegne i ceri e si chiude il sipario nel silenzio. - Fine - (Perugia 6 Luglio 1991)